domenica 7 maggio 2023

La Laguna di Venezia tra MOSE e futuro

E' stata presentata qualche mese orsono la sintesi dei risultati del quadriennio '18-'22 delle ricerche condotte nell'ambito del progetto "VENEZIA 2021" sulla situazione della Laguna di Venezia in particolare, ma non solo, in relazione all'entrata in funzione del sistema MOSE, per la difesa di Venezia dalle "acque alte".  Capofila del progetto è il Consorzio interuniversitario CORILA e tra i soggetti coinvolti vi sono l'OGS, Ca' Foscari, UNIPD, il CNR. La presentazione dei risultati non è stata senza ripercussioni, poiché per alcuni, tra cui è spiccata la voce del prof. D'Alpaos, il quadro emerso sarebbe troppo lusinghiero, specie circa gli impatti del MOSE, di cui il professore è sempre stato strenuo oppositore. A prescindere da tutto, la reciproca denigrazione nuoce alla credibilità complessiva della comunità tecnico-scientifica che si occupa di Laguna e rischia di portare ad un ulteriore ridimensionamento della rilevanza del contributo scientifico nelle determinazioni che vengono e verranno assunte circa gli interventi in ambito lagunare. 

Orbene, in questa mia sintesi della sintesi, mi vorrei permettere di esprimere dal mio modesto e banale punto di vista alcuni commenti su alcune delle evidenze emerse in questa prima fase di ricerca e alcune considerazioni. Per una lettura completa del documento, rimando al sito CORILA ed al loro canale YOUTUBE per rivedere l'evento di presentazione. 

In questa rapida disamina, mi concentrerò sulle linee di ricerca, a me più congeniali, ovverosia su quelle connesse agli aspetti geomorfodinamici. 

Le interfacce lagunari e gli interscambi bacino scolante - mare, costituiscono uno specifico gruppo di linee di ricerca, che hanno comportato ud un'intensa attività di mappatura dei fondali e della morfologia lagunare. Da ciò è emerso che la bocca di porto di Malamocco non ha subito particolari evoluzioni rispetto al precedente rilievo del 2013, mentre si riscontrano fenomeni di deposizione a quella di Chioggia. Si confermano gli effetti di risedimentazione nei canali lagunari interni dei materiali erosi dalle morfologie lagunari, in particolare per le azioni delle correnti generate dal traffico acqueo nel canale Malamocco-Marghera, che si conferma essere elemento di particolare criticità per l'idrodinamica lagunare. Circa i principali corsi d'acqua tributari della Laguna, ossia Osellino e Dese, si riscontra per il primo accumulo di materiali in alveo nel tratto di foce e alla sua sinistra ed accumulo in alveo peril secondo. In entrambi vi è una forte asimmetria della foce con conseguenti distorsioni idrauliche. Risulta pertanto necessario un monitoraggio costante della situazione e la programmazione di attività di dragaggio al fine di garantire adeguata funzionalità al deflusso di tali corsi d'acqua, sia per ragioni ecologiche, ma anche per evitare criticità idrauliche nei rispettivi bacini idrologici.

Tra le attività di studio finalizzate a quantificare e modellizzare quali-quantitativamente gli interscambi mare - Laguna vi è stato un importante monitoraggio di diversi parametri fisico - chimici, quali Ph, salinità, torbidità, analiti vari (metalli, nitrati, solfati, composti emergenti...). Questo ha permesso una puntuale caratterizzazione chimica degli specchi d'acqua lagunari che stima e modellizzazione della perdita di sedimenti della Laguna verso mare, quantificata in 614mila metri cubi/anno, ed una conseguente elaborazione di strategie per la sua riduzione - contenute nel piano Morfologico Lagunare ancora in gestazione. Si è poi condotta un'indagine sulle cosiddette "acque biancastre" fenomeni presenti in laguna che spesso hanno suscitato interpretazioni contraddittorie, ma che si è compreso essere dovute alla formazione di "zolfo colloidale" che si deve all'instaurazione di condizioni di scarsa ossigenazione (ipossia) nella colonna d'acqua e del fondale per fenomeni di inflorescenza algale. Dalle prime osservazioni si osserva la presenza di acque biancastre nella parte centrale della Laguna verso costa in inverno e più verso il litorale in estate. il monitoraggio del fenomeno consente di rilevare l'instaurarsi di condizioni di criticità per gli ecosistemi e quindi anche per la fauna ittica.

Nell'ambito delle varie attività di ricerca, hanno avuto un ruolo molto significativo le caratterizzazioni dei sedimenti, ciò ha permesso di ricostruire sia la situazione pre industriale che ottenere una mappatura dell'attuale distribuzione delle varie tipologie, fornendo un quadro cognitivo indispensabile - o almeno così dovrebbe essere - per la pianificazione delle attività di dragaggio e l'individuazione di aree con criticità per la mulluschicoltura. Si è potuto altresì evidenziare come  come le chiusure del MOSE comportino in taluni punti stagnazione delle acque, con conseguente instaurazione di condizioni ipossiche, le quali, quando associate a particolari "facies" chimiche dei sedimenti comportano la formazione di metilmercurio, composto particolarmente tossico che si bioaccumula nelle catene trofiche e può essere un importante fattore negativo per l'itticoltura, ed in generale per la salubrità degli ecosistemi. Le tecniche e i modelli di monitoraggio elaborati in tali studi, si rivelano particolarmente utili per il controllo degli inquinanti emergenti, quali a titolo non esaustivo citiamo i PFAS.

Sempre connessi alle chiusure del MOSE sono i fenomeni di riduzione di circa il 30% della sedimentazione delle barene, con conseguente maggior erosione e deposizione dei canali con incremento delle necessità di dragaggio dei canali, questione che si deve ritenere avere sviluppi in aumento, tenuto conto che le chiusure del MOSE sono destinate a crescere visto i trend di crescita dei livelli eustatici negli scenari futuri. Scenari futuri che ovviamente  il programma di ricerca aveva in diverse linee di ricerca attività finalizzate all'elaborazione di modelli predittivi per l'evoluzione del sistema lagunare nell'ambito dei trend globali di cambiamento climatico, al fine di poter fornire elementi necessari all'elaborazione dei piani di adattamento climatico e per individuare anticipatamente fattori critici e di rischio. 

Come riferimento generale si è preso lo scenario IPCC RCP 8.5, il più critico, che prevede nessuna riduzione delle emissioni di CO2 e oltre 2.5 °C di aumento della temperatura globale. In tale contesto i modelli delineano aumenti del livello eustatico compresi tra 58 e 110cm da qui al 2100, con aumento dell'altezza di marea di 26-35cm da qui al 2050 - con relativo impiego MOSO - e di 53-171cm al 2010. L'intensità delle mareggiate sembra però destinata a scemare, per un cambio del regime dei venti e l'instaurarsi di lunghe fasi siccitose nel corso dell'anno,  con aumento delle ondate di calore e la concentrazione delle precipitazioni  nella fase autunnale. Questo quadro ha naturalmente ripercussioni rilevanti sugli ecosistemi e sulle attività antropiche, quindi sul sistema socioeconomico. 

I modelli previsionali riguardano molteplici aspetti che vanno dall'ossigenazione delle acque al rischio alluvioni, non solo in ambito lagunare, ma rispetto all'intero territorio metropolitano, permettendo quindi valutazioni su un contesto più ampio. Ora si poe la questione di proseguire i monitoraggi, affinare i modelli previsionali, restituire informazioni e rapporti, attraverso una comunicazione comprensibile ai decisori istituzionali per le scelte strategiche di pianificazione e intervento, con adeguata tempistica e informare la popolazione affinché sia consapevole delle problematiche peculiari cui il territorio in cui risiede andrà incontro. 

Non è possibile pensare di gestire da qui ai prossimi decenni le attività ittiche, turistiche, quelle portuali ed in generale l'intero sistema della gronda lagunare come è stato fatto fino ad oggi, e nel contempo raccontare di "rinaturalizzare" la Laguna.

La Laguna di Venezia è, ormai, un corpo regolato lo sarà sempre di più e domani potrebbe nemmeno più essere definibile come laguna, sono necessarie scelte strategiche rilevanti. Aspettare farà solo aumentare i costi e le criticità.

Il Paleocene è bello, ma non ci vivrei

Per tutti i fan dell'uso smodato del termine "Antropocene", mi sia permesso dire, che al netto delle angosce, alla fine, clima...