lunedì 15 aprile 2024

Il riciclo dei C&D tra buone pratiche e contraddizioni

L'attività di gestione ambientale in un impianto di produzione di aggregati riciclati pone questioni che si articolano tra concetti tecnici e normativi, spesso con una non facile conciliazione dei due ambiti.

La valenza dell'aggregato riciclato (o End Of Waste - EOW, come si dice oggi) in termini ambientali è indubbia, per contenimento delle emissioni di CO2 dei processi produttivi, riduzione di consumo di matrici ambientali, ottimizzazione delle movimentazioni, recupero di materia, contenimento costi e consumi energetici l'impatto ambientale del sistema è sicuramente positivo, ossia verso il segno della sostenibilità. 

Ciò nonostante le normative ed alcuni pregiudizi, radicati anche nelle PA e negli enti di controllo non ne rendono sempre agevole l'impiego. Basti pensare al fatto che vi sono richieste di parere per l'uso di EOW in luogo di materie vergini, come se questi alla fine fine fossero sempre segnati da una sorta di marchio di Caino, anziché di recupero. Se è pur vero che nel mare magnum dei produttori di aggregati riciclati non mancano i furbastri, lo è altrettanto il fatto che riconoscere gli operatori seri non è così difficile, sistemi di gestione tracciati e puntuali sono ormai molto diffusi e la professionalità nel settore estremamente elevata.

Un caso particolare di conflitto tra gestione e normative si genera proprio al momento della produzione dell'EOW  di riciclato ai sensi del DM 152/22, per i rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D), ma vale anche per il granulato di conglomerato bituminoso (DM 69/18). Un impianto ben gestito si organizza per caratterizzare tutti i flussi che sottoporrà a trattamento - lo chiede la norma oltre che la buona pratica - questo permette di intercettare i flussi non conformi che sfuggissero al controllo visivo e di ridurre al minimo i rischi di produrre lotti fuori specifica. E' pur vero però che il test di cessione di cui al vetusto allegato 3 del DM 5 febbraio '98, qualche dispiacere lo regala sempre, per cui qualche non conformità, specie sui grandi numeri è statisticamente verificabile, per questo a questi impianti servono spazi per stoccare e poter mettere in area dedicata i materiali non conformi, quelli in attesa di certificazione e così via. 

Questo significa che l'aggregato riciclato, fresco di produzione, finché non ottiene gli esiti dei controlli analitici cui va sottoposto per la certificazione è formalmente considerato ancora un rifiuto, sebbene più dal punto di vista documentale che sostanziale e, quindi, in questo lasso di tempo che può durare almeno un apio di settimane, deve essere depositato in area debitamente autorizzata e con determinati crismi tecnici. Solo ottenuta la certificazione, sarà un prodotto, libero dai limiti della norma sui rifiuti e depositabile come materia e soprattutto commercializzabile.

E' vero anche che la normativa impone all'impianto di trattamento rifiuti di registrare i propri movimenti sul registro di carico e scarico entro 2 gg dalla loro effettuazione. Il che vuol dire che l'impianto segnerà l'operazione di recupero e "l'uscita" dal registro rifiuti dell'aggregato al massimo 48h la sua produzione. E' un po' come avere il certificato di nascita quando tua madre è ancora in travaglio.

Nel caso in cui la certificazione analitica non andasse a buon fine, l'impianto si riprenderebbe in carico il materiale, rifiuto (diciamo col CER 19 12 09???) per poi o riprocessarlo o allontanarlo. 

La fase di gestione in attesa di certificazione analitica genera non poche problematiche di logistica agli impianti, richiede spesso più movimentazioni (dall'area di produzione a quella di attesa certificazione per poi essere depositato in quella "libera" per gli EOW), con aggravi di impatti e consumi ed espone a sanzioni  quando lo spazio, dovuto al fatto che le uscite degli EOW dipendono molto dalle condizioni esterne (il fatto che non se ne faccia ancora adeguato uso in edilizia, spesso, genera accumuli durante varie fasi dell'anno - e nel contempo si chiede ai trattatori di gestire i flussi di C&D che si originano nei territori). 

A mio avviso questa fase meriterebbe una "semplificazione", pur mantenendo tutte le necessità di riconoscibilità del lotto o di tracciabilità il deposito degli EOW in attesa di certificazione, magari con segnaletica ah hoc andrebbe permessa anche aree non specificatamente autorizzate per lo stoccaggio rifiuti, pur con opportune precauzioni magari (es. teloni), e soprattutto si dovrebbe rivedere il regime sanzionatorio per questi casi, fatte salve le condotte evidentemente fraudolente.

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