sabato 22 giugno 2024

Se si vincola il riciclo

Ritengo ci sia una sorta di profonda contraddizione, se non persino ipocrisia, in tema di riciclo ed economia circolare. Nelle dichiarazioni, propositi e intenti, non c'è cittadino, politico, Ente o Istituzione che non si dica a favore del riciclo e del recupero e della necessità di rendere risorse i rifiuti. Ma si sa, la teoria è una cosa, la pratica un'altra. Non si spiega altrimenti l'idiosincrasia dell'opinione pubblica, la strumentalizzazione politica e le diffidenze delle istituzioni quando si parla di realizzare un impianto di recupero. A prescindere dalla tipologia, anche il più semplice, anche per i rifiuti più banali. 

Qualcuno racconta che basti differenziare i rifiuti, quindi con un sana civismo di cittadini e imprese, per poter trasformare i rifiuti in risorsa. Peccato che non sia così, che il riciclo richieda passaggi impiantisti e processi tecnologici via via più articolati e complessi a seconda del tipo di materiale e della tipologia di rifiuto in partenza. E peccato che spesso i costi di trasporto, se i centri di recupero sono oltre certe distanze, possano essere tali da rendere non sostenibile l'invio a trattamento, con conseguente preferenza allo smaltimento in discarica o in incenerimento. Ecco perché è necessaria una localizzazione ragionata degli impianti di trattamento, per poter soddisfare i bisogni dei territori in un quadro di sostenibilità economica. In Italia le disomogeneità geografiche sono piuttosto consistenti e questo genera profonde disparità nelle performance di recupero del paese. 

I Piani Regionali di Gestione Rifiuti, dovrebbero per l'appunto favorire l'insediamento di una rete impiantistica adeguata ai fabbisogni del paese, certo nel rispetto dell'ambiente e soprattutto all'insegna della sostenibilità. Ma non è sempre così. Porto un caso che mi sto trovando ad affrontare nella mia vita professionale.  La Regione Veneto con il suo Piano Regionale di Gestione Rifiuti, aggiornato con DGRV n. 988 del 9 agosto 2022,  ha individuato dei criteri di esclusione assoluta, ossia dei casi in cui, ai fini della tutela ambientale, della riduzione del consumo di suolo etc etc, non sia possibile realizzare nuovi impianti di trattamento rifiuti o espanderne di esistenti. Si dirà che ciò è un bene per la tutela dell'ambiente e della salute. Queste esclusioni valgono in aree con particolari vincoli, quali per esempio l'ambito UNESCO della Laguna di Venezia, o aree con vincoli per esempio idrogeologici.

Al di là che far fare più strada a mezzi carichi di rifiuti, mi par sempre opzione ben poco all'insegna della sostenibilità ambientale, viene da chiedersi perché vincoli simili valgano solo per gli impianti di recupero e non più in generale. Ossia, nel caso dell'area UNESCO, io posso serenamente realizzare un mega ipermercato, un impianto di biogas, un complesso industriale siderurgico, certo con tutti i crismi e le procedure, consumando suolo e irrigidendo ulteriormente gli assetti territoriali, ma non posso potenziare il sistema impiantistico di prossimità per il trattamento dei rifiuti prodotti in un'area densamente abitata, con importanti sistemi industriali, che quindi necessita di una capacità di trattamento dei suoi rifiuti che stia al passo con le esigenze. Posso insediare attività che producono rifiuti, anche molti, ma non posso potenziare i sistemi per la loro gestione, costringendomi a dover andare altrove, con tutti i costi e gli impatti del caso. 

Questo nonostante gli impianti di trattamento siano fatti con tutti i crismi e gestiti al meglio.

Io penso che ciò sia sostanzialmente figlio di una, ormai purtroppo consolidata opinione negativa - in parte anche per alcune malegestio, è da ammetterlo - sui gestori/trattatori di rifiuti, a parole visti come operatori ambientali, nei fatti come conduttori di attività che è bene siano fatte lontano dagli occhi. L'incapacità di vedere il recupero dei rifiuti come un normale processo industriale da svolgersi in un quadro di tutela ambientale e sostenibilità economica, dirò anche di più, di remuneratività, anziché come un servizio necessario, ma sgradevole, nonostante l'impatto economico che questo ha sui costi di sistema di un territorio, rende l'economia circolare un esercizio retorico e lo sviluppo sostenibile una velleità.

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Per tutti i fan dell'uso smodato del termine "Antropocene", mi sia permesso dire, che al netto delle angosce, alla fine, clima...