lunedì 22 febbraio 2021

Le Acque del Veneto: tra speranze e preoccupazioni

 Lo stato di salute degli ambienti idrici del Veneto è rappresentabile con un quadro di luci e ombre, quadro non statico, ma in evoluzione. Non sempre verso scenari migliori. La Direttiva Acque (2000/60/UE, di cui più volte abbiamo parlato), impone il monitoraggio delllo stato chimico, ecologico e biologico degli ambienti idrici, non che obbiettivi di risanamento, tutelare la risorsa idrica, significa tutelare ambienti e prevenire situazioni di degrado e dissesto, tal interventi vanno di pari passo con le iniziative della Direttiva Alluvioni, per ridurre il rischio idraulico. 

In attesa che ARPAV licenzi i dati del monitoraggio 2016-2019, dove sono stati introdotti anche nuovi parametri di monitoraggio (PFAS, microplastiche...), visionando il Rapporto sullo Stato dell'ambiente del Veneto, anno 20202, capitolo idrosfera, in cui si presentano i dati del monitoraggio 2014-2016, possiamo già rilevare per i vari tipi di ambiente, diverse evidenze piuttosto significative.

ACQUE MARINO COSTIERE. Stiamo parlando dei bacini individuati nella fascia di fronte alla costa veneta, unitamente ai due specchi principali antistanti la Laguna di Venezia. Da un punto di vista chimico i corpi costieri della costa Nord, ossia dalla foce del Tagliamento all'inzio del litorale lagunare, e sud, ossia quelli antistanti al delta del Po, sono classificati come "scarsi", mentre "buoni" gli altri. I corpi settentrionali presentano criticità col il parametro Mercurio (Hg), quelli deltizi a causa del rinvenimento durante il monitoraggio di Idrocarburi Policlici Aromatici (IPA) e Piombo (Pb). Ecologicamente parlando tutti qesti ambienti sono considerati "sufficienti", tale classificazione ovviamente indica una certa precarietà e sopratutto non è il parametro obbiettivo rispetto alla Direttiva Acque. Da un punto di vista biologico i rilievi attribuiscono uno stato "buono" per i corpi ante Laguna e per gli specchi costieri fino alla foce del Tagliamento; "mediocri" sono giudicati gli stati dei bacini costieri dalla foce del Brenta al Delta del Po. 

Non occorre eccessiva arguzia per cogliere la rilevanza  che  hanno gli apporti dei corsi d'acqua per determinra tali condizioni.

ACQUE di TRANSIZIONE. Sono corpi idrici di terra, spesso salmastri prossimi alla linea di costa, ossia lagune, zone umide. Queste presentano varie criticità: le zone umide del Delta del Po, la Laguna di Venezia, hanno stati chimici per lo più "NON buoni", per la presenza di Hg, IPA particolarmente. Ne consegue che lo stato ecologico risulta "scarso" per tutte per tutte le zone deltizie; la Laguna invece è bipartita: "scarsi" gli specchi perilagunari, "sufficienti" quelli a ridosso del cordone litoraneo. Queste evidenze dovrebbero indurre a minor foga coloro che invocano lo scarico di nuove canalizzazioni in Laguna, ritenendoli pure "vivificanti".

ACQUE INTERNE, stiamo parlando dei varic corsi d'acqua che solcano la nostra regione. si rileva che tra i corpi idrici "naturali", circa il 18%  è classificato in stato chimico "scarso" o addirituttra "cattivo", e circa tra il 20-25% "sufficiente", quindi in bilico. Tali numeri salgono al 30% e al 45% per i corsi "Non naturali", ossia fortemente modificati o artificiali. Tra i parametri più problematici i pesticidi ei PFOS (monitorati dal 2015), i primi per tutti i corsi monitorati i secondi particolarmente per il Bacchiglione e il Fratta Gorzone (non a caso si originano nella zona Vicentina). Questi dati pongono fortemente il tema dell'attenzione che si debba porre alle pratiche agricole in uso nella nostra regione e alla loro sostenibilità in relazione alla tutela della risorsa idrica e degli ambienti acquatici più in generale. Sopratutto nell'interazione con la rete idrografica artificiale, che spesso esisten proprio in quanto a servizio delle aree agricole. Circa il ritrovamento di PFOS, questo non può che essere specchio evidente di quanto grave sia la contaminazione ormai. 

ACQUE SOTTERRANEE. Sono fondamentali per l'irrigazione e per l'uso potabile. La rete di monitoraggio riguarda le falda più superficiali, dei punti monitorati il 38% ha presentato riscontri analitici che ne hanno comportato la classificazione come "scadente". Le sostanze più problematiche sono i contaminanti inorganici, di nuovo i pesticidi e i metalli - sui metalli andrebbe, però, fatto un ragionamento più complesso, poiché, almeno alcuni di quelli rivenuti, dipendono anche da fattori geologici, il c.d. "fondo naturale" - i PFAS non risultano rilevanti, ma ciò è dovuto al fatto che durante questo monitoraggio non erano ancora inseriti tra i parametri da controllare. E' probabile, quindi, che nel prossimo rapporto, purtroppo, ci si debba aspettare un peggioramento per queste sostanze.

Come premesso, quindi, il quadro dello stato degli ambienti idrici del Veneto, è complesso, variegato e diciamo, francamente, non entusiasmante. Tale situazione è l'evidente risultato delle pressioni antropiche, importanti, a cui è sottoposto il territorio. Ecco, perché, sono necessari interventi organici, ponderati e coordinati, non che un uso attento dei dati dei monitoraggi, per cercare di rendere meno fosco lo sviluppo di tale situazione.

 

 

 

 

 

Bibliografia:

Rapporto sullo stato dell'ambiente Veneto - IDROSFERA, Anno 2020. Arpa Veneto

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