domenica 30 gennaio 2022

Considerazioni sul Piano Morfologico della Laguna di Venezia



E’ stato finalmente approvato a fine dicembre, dopo un iter per l’aggiornamento del preesistente del 1993 partito nel 2017, il nuovo Piano Morfologico per la Laguna di Venezia (PMLVE), strumento finalizzato al contrasto del degrado lagunare. Ci siamo dedicati in queste ultime settimane alle lettura dei documenti di Piano, cercando di lasciarci influenzare dalle polemiche che ne hanno accompagnato il licenziamento, da convinti assertori della necessità di tale strumento, di cui per altro si attende il completamento, necessario per la sua operatività, ossia il rilascio del nuovo Protocollo per la gestione dei sedimenti lagunari, volgarmente noto come “protocollo fanghi”, anch’esso del ’93, il cui aggiornamento è tutt’ora ostaggio al Ministero dopo svariati annunci di approvazione.

Nella immane modestia che la nostra opinione può avere sulla questione, da pasdaran dal PMLVE, dobbiamo pur dire che ci saremmo aspettati uno strumento maggiormente dirimente delle criticità oggi presenti in ambito lagunare e su alcune questioni l troviamo talora inconsistente, contradditorio ed evasivo.

Entrando nel merito, la pianificazione riguarda un arco temporale di 30 anni, con revisioni ogni 6 anni, gli interventi sono di natura sia gestionale che strutturale, questi ultimi si dividono tra prioritari e subordinati. I soggetti responsabili dei vari interventi sono diversi, specie nei subordinati in ragione delle diverse competenze. A maggior ragione si fa sentire la necessità di un soggetto che abbia potestà vera di coordinamento e gestione sulla Laguna, piuttosto che un’Agenzia pletorica e farraginosa.

Il dato di partenza sono i 160 milioni di metri cubi di sedimenti, necessari da qui al 2070 per compensare subsidenza, eustatismo ed erosione stimata, al fine di mantenere la Laguna più o meno nella situazione attuale. Ipotesi di ripristini morfologici simili agli assetti di inizio ‘900 richiederebbero quantitativi di sedimenti spropositati, rispetto a quelli già immani per l’ipotesi più conservativa. E’ pertanto illusorio discuterne. Il piano pertanto prevede di ricostituire morfologie degradate esistenti e realizzare diverse tipologie di strutture protettive. Una misura di primaria rilevanza è la ricostituzione di ampie praterie di fanerogame, che hanno il pregio di contrastare i fenomeni erosivi dei fondali, riducendo, quindi, anche gli effetti dell’intorbidimento conseguente.

Viene posta anche la questione dell’approvvigionamento di sedimenti (Ricordiamo che la diversione dei grandi fiumi veneti fuori Laguna, avvenuta in epoca storica ha significativamente ridotto gli apporti, mentre gli interventi più recenti come lo scavo del Canale Malamocco – Marghera e alle bocche di porto hanno magnificato la forza erosiva mareale), rilevando, però, che le acque dei corsi d’acqua di pianura sono ricche di nutrienti che in Laguna provocano bloom di macroalghe e fitoplancton con conseguente instaurazione di condizioni ipossiche e degrado ecosistemico-ambientale. Si rendono pertanto necessari interventi di ripristino aree a canneto, che svolgano azione fitodepurativa (è auspicabile ve ne siano anche nel territorio perilagunare e in entro terra, anche come strumento di sicurezza idraulica) e nel contempo di contenimento dell’erosione mareale. La ricostituzione di una fascia oligo-mesoalina consente anche la riduzione della salinità ed il recupero di ecosistemi ed associazioni faunistiche.

In questo contesto si innestano gli interventi come il progetto LIFE REFRESH, che riguarda la reimmissione delle acque del Sile in Laguna. Va detto che la flora oligo-mesoalina favorisce il consolidamento delle morfologie di velma e barena. Tale intervento è di particolare interesse poiché avviene in Laguna Nord, dove ad oggi la situazione è ancora buona e  il bilancio di sedimenti rimovimentati e ridepositati, seppur deficitario è ancora gestibile, pur con un trend in peggioramento, che rende appunto necessario una contromisura onde evitare che anche qui il processo di degrado assuma caratteri irreversibili.

Circa le analisi di contesto del PLMVE, si riscontra che sui temi dello scavo dei canali portuali e della riqualificazione dell’area industriale di Porto Marghera ci siano delle evidenti contraddizioni sia rispetto ai dati disponibili che alle conclusioni che il piano trae. Non si può ipotizzare contemporaneamente una riduzione dell’attività industriale ed un recupero delle aree contaminate, in assenza di reinsediamenti produttivi è illusorio pensare che si possano reperire le risorse necessarie al risanamento, così pensare al contenimento di fenomeni erosivi non ci pare proprio congruente con una prospettiva di espansione delle attività portuali entro la Laguna (va da sé che questo inevitabilmente comporti incremento del moto ondoso e delle attività di scavo canali e movimentazione sedimenti). Tali elementi dovranno necessariamente trovare riconsiderazione al primo step di revisione del piano.

Procediamo ora ad una disamina sommaria degli interventi del PLMVE, soffermandoci su quelli a carattere geo-morfologico a noi più congeniali. Fissiamo anche qui dei numeri in avvio, sono 241mila i metri cubi di sedimento persi annualmente per erosione delle morfologie esistenti (a cui si sommano poi tutti gli altri apporti), attraverso gli interventi previsti si conta di abbassare di 36mila metri cubi questo valore, in particolare si andrebbe a ridurre quanto si accumula entro il canale Malamocco Marghera rendendone necessario il periodico dragaggio. E’ proprio sul tale canale che si concentrano alcuni degli interventi più rilevanti che sostanzialmente vanno a consolidarne il tracciato (nonostante da anni sia indicato come il principale elemento di squilibrio lagunare). Si prevede la realizzazione di velme e barene (a quota +0,30-+0,40 sul l.m.m.) di protezione, consolidate con burghe e geogriglie per dissipazione dell’energia del moto ondoso, interventi similari si prevedono per i canali Fisolo e Alberoni.

Si prevede poi in Laguna nord e centrale una nuova “conterminazione” e una serie di specchi di “acque calme”, delimitati sempre con burghe e materassi in georete, con probabile progressivo interramento dei tratti più a ridosso del margine di gronda in particolare nelle zone di Campagna Lupia e Codevigo.

Strutture di “soffolta” sono previste per la protezione dei bassi fondali di Campalto e Tessera. 

Questi gli interventi prioritari. Tra i subordinati vi sono, soprattutto in Laguna Nord, vari tratti di difese costituiti da sovralzi erodibili finalizzati a rendere disponibile sedimento per i meccanismi di sfaldamento e rimodellamento delle morfologie lagunari.  Si conta anche di migliorare lo scambio idrico nelle zone oggi a ridotta circolazione attraverso riprofilature e riconnessioni di canali e ghebi. Si prevedono poi difese e rifacimenti delle sponde delle isole minori. Tali interventi, coniugati alle conterminazioni dei canali si stima porteranno ad una riduzione dell’80% dei fenomeni di risedimentazione entro i canali stessi, abbattendo quindi sensibilmente le necessità di loro dragaggio e relative problematiche connesse.

Tra gli interventi meno convenzionali previsti nel piano, troviamo quello di sollevamento del fondale attraverso iniezioni di fluido negli acquiferi profondi, al fine di contrastare subsidenza ed eustatismo. L’attività prevede una prima fase sperimentale, il punto di iniezione è individuato in Laguna centrale, presso Val del Bon, l’iniezione di circa 11 mila metri cubi, dovrebbe avvenire ad una profondità compresa tra i 600 e gli 850 metri per una durata di 10 anni. I modelli previsionali stimano un sollevamento di circa 20cm al centro del cono di iniezione decrescenti a 5cm lungo il perimetro, per un raggio di quasi 5km. Metà del sollevamento si dovrebbe verificare nel primo biennio.

Circa il tema della reimmissione di corsi d’acqua in Laguna, il piano ha qualche tortuosità. Tale intervento ha il principale scopo di riportare apporti di sedimenti ed acque dolci, di cui si è evidenziata sicuramente la necessità. Affinché ciò sia possibile è, però, necessario, che le acque reimmesse siano conformi alla DIRETTIVA ACQUE, per non compromettere lo stato del corpo idrico recettore (non occorre dire che oggi la situazione della Laguna sia quanto meno delicata sul tema). Si è già rilevato che in tema di nutrienti vi sia una criticità in tal senso. Ragionando sul Brenta, alle cui acque si guarda per varie ragioni con particolare attenzione, come ricorda il Piano stesso vi sono criticità su As e Metalli Pesanti e Cu e Zn nei sedimenti (risultano in classe B e talora C, va ricordato che secondo il protocollo fanghi del ‘93 i fanghi in classe B si possono usare per ripristini della morfologia lagunare purché confinati dalle acque, mentre la classe C non è usabile). Quindi, si propone la reimmissione di acque dal Brenta da un lato se ne dichiara l’inadeguatezza perorando un monitoraggio ed un miglioramento (demandato ad altri) i cui tempi mal si conciliano con le esigenze del PLMVE.

Troviamo poi, sempre su tale questione, l’inserimento di una ipotesi di intervento per noi particolarmente spinosa. Viene, infatti, introdotto il ragionamento sul completamento dell’idrovia Padova – Venezia. Possiamo intuire il cammino che ha portato ad inserire questa proposta (non presente nella prima versione del piano del 2016), ma il piano stesso ribadisce che le acque dell’Idrovia – che sono quelle del Brenta – hanno problemi di qualità ed i sedimenti stimati – circa 70mila metri cubi annui – sono di natura pelitica, cioè fine, mentre il tratto di sbocco dell’idrovia è caratterizzato da granulometria maggiore. Questi depositi pertanto sarebbero facilmente erodibili, aggravando la problematica della torbidità delle acque. Inoltre il modello deposizionale, che prevede che non vi siano fenomeni di accumulo entro il canale Malamocco-Marghera, ci pare quanto meno tirato. Viene peraltro omesso di dire che il completamento dell’Idrovia richiederebbe uno scavo di circa 2 km in Laguna e la riprofilatura di un tratto esistente di 3 km per il collegamento col canale dei petroli (e lasciamo stare gli effetti della navigazione).

Il Piano Morfologico prevede come detto, anche misure di carattere “gestionale”, quali la riduzione degli emungimenti sotterranei ancora attivi, una più stringente regolazione della pesca, una riduzione della venericultura. Necessario poi un regolamentazione ancora più puntuale del traffico acqueo, con conseguente riduzione dello stesso (come lo si concilia con progetti di espansione portuale?).

Si ritiene poi che il MOSE possa avere un effetto positivo nel contenimento delle perdite di sedimento verso mare durante gli eventi metereologici più gravosi.

Sono poi elementi necessari il completamento della messa in sicurezza e risanamento del Sito di Interesse Nazionale di Porto Marghera e l’ottimizzazione della gestione degli scarichi in Laguna.

Rileviamo, infine, che, diversamente per esempio dai Piani delle Acque redatti dai consorzi di Bonifica, che abbiamo avuto modo di leggere, glissa sul tema costi, demandandolo ai singoli progetti esecutivi. Riteniamo che, però, una stima di massima con, almeno, l’indicazione delle fonti di finanziamento starebbe stato assai opportuno ed avrebbe rafforzato l’autorevolezza del Piano e la sua capacità di innestarsi in una questione che non è solo tecnica-ambientale, ma anche socioeconomica.

Il Piano Morfologico della Laguna di Venezia, per noi, doveva decisamente tracciare alcune rotte e dare alcune risposte, ci pare si navighi a vista e si pongano più domande.

AGGIORNAMENTO: dopo l'approvazione di dicembre 2021 del Comitato Tecnico del Provveditorato Opere Pubbliche del Piano rivisto per dar conto delle osservazioni della commissione VIA VAS interministeriale, è arrivata a giugno 2022 nuova bocciatura da parte della medesima commissione. Nel diniego della Commissione si sono esposti molti dei concetti che anche noi abbiamo sottolineato, in particolare come non si affrontino le cause del degrado lagunare, ma ci si limiti a cercare di mitigarle e come non vengano date precise linee per la riduzione della pressione antropica nell'ambito lagunare. Si riparte quasi da zero. Solo che per l'Ambito Lagunare il tempo è un bene ormai scarsamente disponibile.

 

Bibliografia

Sito MITE con documentazione di piano 

https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1446/2023

Sito Provveditorato OOPP con avvio procedura http://provveditoratovenezia.mit.gov.it/introduzione.html

Progetto LIFE REFRESH http://www.lifelagoonrefresh.eu/

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