domenica 13 ottobre 2019

Dialoghi sull'Ambiente Veneto - comunicazione finale

Si è conclusa venerdì 11 la serie di due serate promossa da Acque Lagunari, a Codevigo, dei Dialoghi sull'Ambiente Veneto. Abbiamo concentrato i nostri approfondimenti prevalentemente sulla questione acque. Buon dibattito con la platea, segno del vivo interesse degli intervenuti per gli argomenti esposti e della capacità di comunicazione dei relatori che hanno aderito all'iniziativa.  Ringraziamo i geologi Piero Morettin e Alberto Dacome che sono intervenuti rispettivamente alla serata sui PFAS e sul rischio idraulico. Scopo dell'iniziativa era informare in modo efficace il pubblico sulle situazioni di rischio del nostro territorio e sulle vie da percorrere per affrontare tali situazioni. Non si voleva "tranquillizzare", ma nemmeno "allarmare", ma destare un sano livello di attenzione e preoccupazione per fenomeni che ci riguardano individualmente, sopratutto in prospettiva di scenario. Relativamente al problema PFAS la conformazione geologica del nostro territorio e il combinato disposto delle pratiche di gestione delle acque sotterranee rende evidente che la questione è seria e investirà i prossimi anni. Sono necessarie misure tecniche di preservazione della risorsa idropotabile, ma anche un cambio di paradigma nella gestione delle acque. L'uso di acqua potabile per lo scarico dei sanitari o il riscaldamento non è più un elemento alla lunga sostenibile. Oltre al tema normativo, che deve affrontare in modo organico e coerente la problematica si pone il tema di come sostenere tecnologicamente l'eliminazione dei PFAS dall'ambiente, vista la loro persistenza, una volta che si sia riusciti a evitarne la dispersione. Non è, infatti, credibile la loro eliminazione in tempi brevi dalla pletora di prodotti in cui trovano uso. Attualmente le tecniche di rimozione si basano tutti su processi che alla fine portano, sotto varie forme al loro stoccaggio nelle discariche, il che vuol dire solo nascondere il problema, oltre che rendere ancora più complessa, delicata e onerosa la gestione delle discariche sia in fase di vita che post mortem. Esistono tecnologie per una effettiva degradazione dei PFAS tramite processi termici, ma attualmente non esiste impiantistica adeguata, non solo in Italia, ma nemmeno a livello europeo. Ricordiamo che il tema PFAS non è solo Veneto, abbiamo problemi ad oggi noti anche in Piemonte e Lombardia, negli USA la questione si affronta da 15 anni almeno e anche in Europa ormai il tema è d'attualità. Ma con l'attuale cultura ambientale italiana è impensabile che qualcuno pensi di investire, pubblico o privato (men che meno) nella realizzazione di un impianto di trattamento di questo tipo.
Sulla questione del rischio idraulico dopo aver esaminato la situazione della pianura veneta, in particolare della bassa pianura, si sono sfatati alcuni falsi miti sul dissesto idrogeologico e sul concetto di ambiente naturale. I corsi d'acqua della pianura veneta sono profondamente artificializzati da secoli di interventi e ultimamente negli ultimi decenni con la pesante trasformazione operata sul territorio. Questo significa che siamo responsabili della loro gestione e funzionamento. Questo significa dover mettere mano a risorse pubbliche e private per il mantenimento e ripristino della rete idrografica minore. Vuol dire dover utilizzare con attenzione e con urgenza strumenti come i Piani delle Acque e i Piani di Protezione Civile che le amministrazioni locali devono avere. E significa anche iniziare a mettere in campo davvero le potenzialità dei Piani di Assetto del Territorio per poter decongestionare il tessuto urbanizzato e riqualificarlo. Significa dover fare scelte ponderate e anche delle rinunce. Ecco perché serve una cultura dell'ambiente che sia concreta, pragmatica, basata su dati tecnici chiari e affidabili, non si può andare avanti per slogan, per enunciati e velleitarismi. Altrimenti gli scenari dei prossimi decenni saranno davvero preoccupanti.
Questa è stata la versione 0 dei Dialoghi sull'Ambiente Veneto. L'idea è che diventi un momento di confronto periodico da proporre nei territori della medio-bassa pianura, in particolare nella gronda lagunare, per questo invitiamo i cittadini e le associazioni interessate a darci il loro supporto. Intando ringraziamo per la collaborazione e il sostegno gli Amici della Terra, associazione ambientalista nazionale, di coi condividiamo molti degli intenti e lo spirito con cui intende la questione ambientale e FattoreH network nazionale di esperti del territorio e del rischio idraulico, di cui condividiamo i proponimenti di diffondere nei cittadini e nelle istituzioni la consapevolezza della tematica del dissesto idrogeologico e dell'urgenza di affrontarla.

martedì 1 ottobre 2019

Appuntamenti: I Dialoghi sull'Ambiente Veneto

COMUNICATO

Il gruppo Acque Lagunari è un network informale di ricercatori, tecnici, esperti e appassionati che si interessano delle tematiche ambientali dell'area lagunare e contermine. Nostra intenzione è approfondire e discutere le tematiche di gestione del territorio, tutela ambientale, mitigazione del dissesto idrogeologico e del rischio idraulico. Già da anni ci interessiamo di queste tematiche, collaborando con altre associazioni, elaborando rapporti tecnici e organizzando momenti di discussione pubblica. Riteniamo che sulle questioni del territorio, gli scenari di sviluppo, le opere infrastrutturali e le criticità sia necessaria una profonda presa di coscienza dei cittadini per poter approcciare con cognizione di causa agli scenari futuri. Partiamo da Codevigo, al limite della Laguna, laddove acque dolci e salmastre s'incontrano, per discutere di due temi di attuali, che riguardano l'interazione uomo - territorio. In due serate, aperte al pubblico parleremo del tema PFAS, qual'è lo stato dell'arte, quali rischi per la bassa pianura, quali strategie per affrontare il problema e del rischio idraulico, presentando gli scenari attuali del nostro territorio e le linee per ridurre davvero il dissesto. Ci accompagneranno nelle due serate due geologi, il dr. Morettin Piero e il dr. Dacome Alberto, esperti nel campo ambientale e del dissesto idrogeologico. Le serate sono rivolte al pubblico, ci sarà possibilità di interazione con gli oratori. Collaborano alle serate le associazioni FattoreH, network nazionale di esperti che si prefigge di diffondere una cultura di prevenzione del rischio idraulico e gli Amici della Terra, associazione ambientalista che promuove il dialogo e l'approfondimento sulle sfide ambientali con un approccio razionale e pragmatico.

venerdì 20 settembre 2019

le microfaune lagunari, sentinelle ambientali

Tra i tanti organismi popolanti la Laguna di Venezia, ve ne sono alcuni di decisamente poco noti , ma di estrema importanza nell'ecosistema lagunare e sopratutto potenzialmente estremamente molto utili per monitorarne lo stato di salute. Stiamo parlando dei foraminiferi, in particolare di quelli bentonici. I foraminiferi sono organismi unicellulari procarioti, che si costruiscono un guscio in calcite, oppure attraverso la secrezione di un collante a base di collagene, si costruscono un guscio "agglutinando" sedimenti. Hanno dimensioni di pochi micron, anche se il guscio può raggiungere dimensioni visibili a occhio nudo, anche notevoli come nel caso di forme antiche, i "nummuliti" che arrivavano a costruirsi gusci di dimensioni centimetriche. I foraminiferi possono essere carnivori, erbivori, detritivori, avere delle alghe simbionti. Possono essere planctonici, cioé vivere fluttuando nella colonna d'acqua o, appunto bentonici, vivendo nel fondale, a diverse profondità. Si dicono epifaunali se vivono appoggiati sulla superficie, infanuali se vivono infossati. Sono molto suscettibili relativamente al tenore di ossigeno, al PH, salinità, granulometria del sedimento di fondale, etc etc, per cui sono buoni indicatori ambientali, lo studio delle associazioni, consente di compiere valutazioni sui parametri ambientali e la variazione delle stesse consente di capire come variano i primi. I foraminiferi sono anche utilizzati come indicatori per la contaminazione da metalli pesanti, in tal senso sono stati fatti anche studi in Laguna di Venezia. 
L'associazione tipica lagunare vede come forme principali Miliammina Fusca Trochammina Inflata associati ad altri miliolidi (i miliolidi sono un genere di foraminiferi caratterizzati da gusci molto lisci, di aspetto porcellanaceo), il che rivela un certa abbondanza di materiale organico al fondo, con conseguenti tendenze subossiche. Ossia la degradazione, ad opera dei batteri e altro della sostanza organica che precipita dalla colonna d'acqua, consuma ossigeno, riducendone il tenore al fondo. Il limite è l'anossia, quando cioé le acque di fondale, hanno bassisime concentrazioni di ossigeno, permettendo la sussistenza solo di forme che richiedono poco ossigeno o adirittura di organismi anaerobici (che non necessitano di ossigeno).
L'alterazione dei parametri ambientali può o modificare l'associazione presente, ossia quali specie sono presenti e in che proporzione, oppure, come nel caso di fenomeni di inquinamento, determinare deformazioni nella forma dei gusci. Essendo organismi unicellulari, il ciclo di vita è rapido e questo determina risposte piuttosto rapide al variare dei parametri ambientali o in presenza di contaminazioni, redendo davvero questi organismi delle "spie" preziosissime, in grado di dare tempestiva indicazione sui fenomeni in atto, prima che questi siano di dimensioni irreversibili.
Non sarebbe quindi, affatto male, al fine di tenere sotto controllo lo stato di salute della nostra Laguna e monitorare gli impatti dei vari interventi in ambito lagunare,  attivare un sistema organico e continuo di monitoraggio di queste faune.


Fonti:
Ecology and Applications of Benthic Foraminifera - John W. Murray, Cambridge University - 2006

mercoledì 4 settembre 2019

misurare la Resilienza

Si usa spesso ultimamente, non sempre a proposito il termine RESILIENZA, che in parole povere è la capacità di un sistema, colpito da un evento catastrofico, di recuperare il suo assetto e le sue funzionalità, così come possedute precedentemente all'evento stesso. Questo concetto si applica, ovviamente, anche ai contesti antropici, ossia alle comunità umane che si riprendono dopo un evento calamitoso. A nostro avviso sarebbe più corretto parlare di resilienzE, poiché queste sono diverse in funzione del tipo di evento, sono diversi i tempi e i modi con cui una comunità, un territorio, reagisce dopo un'alluvione, rispetto a dopo un terremoto, o a un'eruzione vulcanica, piuttosto che a un incidente industriale o a un conflitto armato. Nel caso di specie, parleremo della resilienza alle alluvioni e in particolare della sua "misura". Come si misura la Resilienza e sopratutto a che serve farlo? La questione è posta in un interessante articolo pubblicato sulla rivista "WATERS", che pone la questione di elaborare un  UFRI, Urban Flood Resiliece Index - Indice della Resilienza Urbana all'Alluvione - in funzione di determinati scenari futuri dell'evoluzione climatica. Nell'articolo si fa riferimento a un caso di studio relativo ad un'area di Rio de Janeiro, ma le sue considerazioni sono più ampie. 
Come misurare, dunque, la resilienza di un contesto urbanizzato rispetto al rischio alluvionale? E' necessario costruire una complessa equazione che tenga conto di un ampio numero di fattori - da qui ne discende come il monitoraggio continuo dei parametri ambientali sia fondamentale - che vanno dalla complessità infrastrutturale del sito di interesse, la composizione socio economica, la tipologia degli edifici presenti, il valore economico dei manufatti e delle attività esistenti, le potenziali dimensioni del fenomeno alluvionale, la collocazione geografica. E poi sono  necessarie conoscenze dettagliate circa le dinamiche microclimatiche locali, la presenza di un modello idrogeologico e idrologico aggiornati e coerenti, un'adeguata elaborazione della morfologia del paesaggio e del territorio e dei suoi fenomeni peculiari. Tutti questi elementi opportunamente elaborati consentono di elaborarel'UFRI. Il quale poi va rapportato ai possibili scenari evolutivi del contesto. E gli scenari evolutivi dipendono da un lato dei fenomeni di mutamento climatico, dall'altro dalle attività di mitigazione/contrasto del rischio alluvionale operate dall'uomo. 
In ragione di questo l'UFRI varia. Per cui stimarlo consente di utilizzarlo successivamente per valutare quale sarà l'impatto degli interventi pianifica per affrontare il rischio idraulico e, quindi, adottare quelle soluzioni che consentiranno una maggior resilienza, ossia un migliore recupero (dove il migliore può stare per un "più rapido" per esempio) post evento (dacché non è realistico dire che sia possibile "eliminare" le alluvioni in aree soggette o assoggettabili). Nel caso preso in esame dall'articolo si  comparavano gli effetti sull'UFRI di due tipologie di interventi in un'area di Rio de Janeiro: da un lato un'opzione con la realizzazione di poche grandi infrastrutture di difesa idraulica, costituito da grandi invasi e canalizzazioni, dall'altra una più estesa edificazione di un sistema diffuso di piccoli e medi invasi. Nel caso studiato l'UFRI migliorava maggiormente con la seconda opzione. 
Orbene in un contesto complesso come il nostro ambito perilagunare, un approccio simile significherebbe davvero mettere a sistema la rete di competenze e conoscenze già esistenti, compensarne le lacune e sopratutto applicare una più coerente, coordinata e organica strategia di intervento, superando la frammentazione e spesso la contradditoriertà attuale. Un metodo quanto mai avveduto, specie alla luce degli scenari evolutivi che si presenteranno rapidamente in questo contesto territoriale, visti gli scenari climatici e morfologici che si stagliano all'orizzonte.

domenica 6 gennaio 2019

IDROVIA PADOVA-LAGUNA: il rischio idraulico tra propaganda e valutazione.


E’ ripartita in questi giorni una campagna mediatica supportata da varie forze associative e politiche in favore di un rapido passaggio alla fase definitiva del progetto di completamento dell’Idrovia Padova – Venezia. Che ha portato anche a presentare mozioni in Regione e Parlamento per stanziare fondi per completare l'opera (costo stimato attorno ai 500milioni di euro). Si è anche aggiunta una nuova proposta progettuale, prodotta da un parlamentare locale, sempre relativa all'opera. Le mozioni presentate non sono state approvate, con ovvia diatriba politica tra gli avversi schieramenti. Sul tema ci siamo più volte esposti e in vario modo abbiano cercato di far conoscere le nostre posizioni alle Istituzioni, non trovando, a dire il vero, grande ascolto. D'altronde non siamo autorevoli e argomentiamo un po' troppo, cosa che non va di moda oggi. Vogliamo comunque riassumere, a beneficio di chi vorrà leggerle, le nostre riflessioni, alcune delle quali in passato già condivise sia con soggetti istituzionali e inviato come osservazioni alla Regione Veneto, ai Comuni della Gronda Lagunare, territorio maggiormente coinvolto dagli effetti dell’opera, cercando di attivare una discussione su tale tematica che fosse ampia ed esaustiva, non condizionata da considerazioni viziate da campagne mediatiche, necessità elettorali e da posizioni politiche non sempre adeguatamente documentate rispetto alla complessità della questione. Si badi non siamo i soli ad avere forti perplessità sul tema, ma forse siamo tra i pochi, senza dimenticare Italia Nostra Venezia e alcuni studiosi, che su questo argomento hanno preso pubblicamente una posizione critica. E riteniamo con qualche ragione.

In Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2014 la Regione Veneto pubblicava Bando per AFFIDAMENTO del SERVIZIO di PROGETTAZIONE PRELIMINARE per il COMPLETAMENTO dell’IDROVIA PADOVA - VENEZIA come CANALE NAVIGABILE di Va classe per navi fluviomarittime tipo Sormovskiy con funzione anche di SCOLMATORE del fiume BRENTA con portata di 350 m3/sec. In data 11 febbraio veniva pubblicato avviso di assegnazione della progettazione per un importo di circa 700 mila euro (rispetto al milione messo a bando). In data 31 marzo 2016 veniva presentato da parte della REGIONE VENETO gli elaborati relativi alla PROGETTAZIONE PRELIMINARE per il COMPLETAMENTO dell’IDROVIA PADOVA - VENEZIA come CANALE NAVIGABILE di Va classe per navi fluviomarittime tipo Sormovskiy con funzione anche di SCOLMATORE del fiume BRENTA con portata di 350 m3/sec.. Ci siamo concentrati nei nostri approfondimenti sulla funzione di canale scolmatore dell’opera, più che sulla sua valenza trasportistica. Ci limitiamo a rilevare su tale punto, però, come le due funzioni non siano perfettamente collimanti, infatti la navigabilità richiede manufatti e una gestione che consenta il superamento dei salti idraulici presenti lungo l’asta idroviaria, che viceversa sono incompatibili con l’attività di scolmo, ovverosia la fruibilità dell’opera in una funzione può essere di detrimento, almeno in alcuni momenti, all’altra: per dettagli più quantitativi sul tema rimandiamo a un documento di osservazioni del professor Boato.
Ciò detto, è opportuno chiarire il contesto in cui si ragiona. Ribadendo, che l'Idrovia sbocca in Laguna, NON in mare. E non è un dettaglio.
La tutela DELLE acque viaggia di pari passo con la tutela DALLE acque, la Direttiva 2000/60/CE – Direttiva Acque – è, infatti, la norma che a livello comunitario ha stabilito una serie di obbiettivi per il ripristino qualitativo delle risorse idriche superficiali e il recupero ambientale degli ambienti costieri, al fine di ridurne il degrado ambientale. Lo scopo è quello di tutelare la risorsa idrica e gli ambienti idrici in generale. La Direttiva Alluvioni – 2007/60/CE – detta a livello europeo le strategie d’intervento per ridurre il rischio alluvione e la gestione dei bacini idrografici, al fine di chiarire le competenze in termini di gestione acque e rischio idraulico, nonché elaborare i Piani di Intervento al fine di mitigare il rischio alluvione. Le due direttive sono intimamente legate e, di fatto, la Direttiva Alluvioni è promanazione della Direttiva Acque, tant’è che i cronoprogrammi che le due direttive impongono per l’attuazione dei relativi strumenti di pianificazione e controllo, necessari alla realizzazione degli obbiettivi fissati da queste, hanno delle scadenze comuni e taluni elementi di reciprocità, segno evidente della volontà anche del legislatore europeo di ribadire come la riduzione del rischio alluvioni (rischio che ovviamente si manifesta in relazione alla presenza antropica), vada di pari passo con un ripristino e tutela degli ambienti idrici. Tale visione viene talora abbandonata nei livelli di governo inferiori a quello europeo, dove troppo spesso si perde la prospettiva generale privilegiando alcuni aspetti localistici. Un approccio di questo tipo rischia di vanificare una pianificazione su ampia scala, quanto mai necessaria quando si parla di acque, con la produzione di interventi a spot, magari anche di dimensioni non secondarie, con effetti ridotti rispetto alle aspettative se non, addirittura, controproducenti. 
Analizzando lo studio di fattibilità (e la poderosa letteratura di corollario) per il completamento dell’Idrovia PD-VE appare abbastanza evidente che nel processo di ragionamento condotto sino ad oggi, si siano privilegiati solo alcuni aspetti, accantonandone completamente altri, solo in parte approfonditi in sede di progetto preliminare. In particolare ci si è concentrati molto sul tema della riduzione del rischio idraulico di una porzione del territorio regionale, ragionando per lo più di aspetti di idrografia superficiale, tralasciando le tematiche di interferenza con le questioni idrogeologiche e ambientali in senso lato, nonché con le criticità già note e potenziali nell’area di sbocco (Laguna di Venezia), anche in ragione degli altri interventi strutturali in fase di realizzazione o in progetto in questa parte di territorio (MOSE su tutti).

Nell’interconnessione tra direttiva Acque e Alluvioni, una delle strategie principali del legislatore europeo è quella di aumentare il tempo di permanenza in ambito continentale della acque di precipitazione, prima del loro recapito nei corpi recettori finali – laghi o mari – al fine di consentire processi naturali di depurazione delle acque e riduzione del gradiente energetico delle medesime, onde mitigare i fenomeni erosivi e di dissesto indotti, nonché la creazione di zone franche, per l’esondazione o la laminazione dei corsi d’acqua, ricreando gli spazi necessari alle dinamiche dei corsi d’acqua, la cui regimazione è spesso avvenuta in modo poco sensato, aumentando l’accumulo energetico nelle acque con conseguente incremento dei fenomeni violenti durante gli eventi di piena. La direttiva Alluvioni, inoltre, introduce, nella pianificazione degli interventi preventivi, non solo strumenti legati alla valutazione dei tempi di ritorno degli eventi di piena, necessari per il dimensionamento della rete idraulica, ma anche la valutazione delle mutate condizioni climatiche e dei fenomeni meteorologici, elementi determinanti per la completa valutazione del rischio Alluvione.

Nei piani d’intervento regionale, specie nella valutazioni riguardanti il completamento dell’Idrovia, l’aspetto climatico e soprattutto la sua evoluzione non appare adeguatamente considerato. Ciò non è affatto secondario, anche nell’ambito della sua funzione di canale navigabile, visto il legame tra regimi fluviali e capacità trasportistiche. Va inoltre evidenziato, come, in ogni caso, nell’ambito della pianificazione su scala regionale, il completamento dell’Idrovia, è uno dei numerosi interventi per la mitigazione del rischio alluvione e il ripristino della sicurezza idraulica del territorio. Sebbene l’opera si riveli tra le più onerose in termini economici. Negli interventi di ambito regionale tra i più significativi spicca la realizzazione di importanti bacini di laminazione, atti al contenimento dei fenomeni di maggior portata. Ad oggi, di quanto pianificato, solo di circa il 10% -20% si è avviato (in fasi diverse) la realizzazione. Va ricordato che la celeberrima commissione De Marchi, sorta all’indomani dell’alluvione del 1966 in merito al contrasto del rischio alluvionale per i fiumi Bacchiglione e Brenta non prevedeva la realizzazione di canali scolmatori (d’altronde nel 1966 vi erano stati imponenti mareggiate che avevano inibito lo scolmo in Laguna), bensì di bacini di laminazione e di opere di sistemazione idraulico forestale. Opere, per lo più mai, realizzate, anzi negli anni successivi si è visto il pauroso incremento del consumo di suolo regione e dell’impermeabilizzazione dello stesso  con riduzione, anziché aumento dei tempi di corrivazione. Solo in tempi recenti la Regione ha tentato di dare a ciò soluzione normativa con  la Legge Regionale 11 del 2004 – Urbanistica – circa la possibilità di spostare volumi già edificati, opzione che sarebbe utile – essendo numerose le situazioni di rischio idraulico maturate al seguito di collocazioni discutibili di volumi esistenti (non va dimenticato come i coefficienti di deflusso delle acque superficiali si modifichino in funzione dell’urbanizzazione) – di cui, però, ben poco, per non dire nulla, è stato colto.

Siamo ben consapevoli dell’urgenza circa la messa in sicurezza idraulica del territorio a sud di Padova e a sud del Brenta, e siamo altresì consci che sull’Idrovia si sono caricate speranze e convinzioni che spesso hanno impedito serene discussioni e riflessioni sul tema.  In questo senso il dibattito non è stato equo e i vari amministratori che si sono espressi sul tema, tanti, spesso hanno avuto accesso solo a un quadro parziale e sbrigativo della questione, senza adeguato supporto tecnico, stante la necessità di investire l'opera di un indubbia funzione "tranquillizzante" per le popolazioni venete vittime di alluvioni o a rischio. La dimensione e i possibili impatti dell’opera, la necessità di una generale messa in sicurezza idraulica del territorio, che parta da monte verso valle, affinché il rischio idraulico sia davvero affrontato e non spostato da un territorio a un altro, visto anche il quadro ambientale del bacino scolante in Laguna,  ci spingono, però, a tentare di porre delle questioni, non con spirito di contrarietà aprioristiche, ma per evitare, in tema di difesa idraulica di non ricadere in schemi del recente passato, che hanno visto mandare avanti opere, con grande dispendio di risorse pubbliche  (finanziarie e intellettuali) a prescindere da una ponderata analisi degli effetti, ma solo in nome dell’urgenza del “fare qualcosa”. Per quanto ciò esposto riteniamo che in questa fase sul Progetto di Completamento dell’Idrovia Padova-Venezia, più che un sollecito rispetto all’iter progettuale dell’opera per velocizzarne i temi di realizzazione, si dovrebbe, invece richiedere, visti i costi dell’opera e i possibili impatti, un sollecito all’approfondimento degli aspetti su ricordati, e una maggior solerzia su:

1. il completamento delle opere di messa in sicurezza idraulica in ambito regionale che hanno già completato il loro iter progettuale, ossia sia quelle del piano del commissario straordinario sull'alluvione in Veneto, che del piano di Bacino del Brenta, con l’auspicio che la riduzione del rischio idraulico in ambito regionale debba necessariamente prevedere interventi che tengano conto del quadro climatico e dei suoi scenari evolutivi, che restituiscano spazio alle dinamiche fluviali, creino bacini di laminazione per aumentare i tempi di corrivazione verso il bacino scolante della acque continentali, nonché iniziare a un serio ripensamento della distribuzione dello spazio urbanizzato esistente.
2.   Il potenziamento delle attività dei Consorzi di Bonifica e sostegno ai contratti di fiume.
3. La revisione del progetto in relazione a quanto è in fase di elaborazione nell’ambito del Piano Morfologico della Laguna di Venezia.
4. L'approfondimento circa le criticità idrauliche nell’intersezione con il canale Taglio Novissimo e allo sbocco in Laguna, in particolare in condizioni di marea sfavorevole e in relazione alla messa in opera del sistema Mose, per il tratto del Taglio Novissimo da Mira a Valli di Chioggia.
5. L’indagine approfondita delle vulnerabilità idrauliche, in particolare sulle interazioni con le dinamiche di falda dell’Idrovia, ossia con l’assetto idrogeologico dei territori attraversati.
6. L’urgenza di implementare il quadro conoscitivo su quantità e qualità dei sedimenti apportati in Laguna e su quelli da movimentare per la realizzazione del canale e loro conformità per il riuso, non che gli impatti di tipo ambientale a seguito dello scarico in Laguna, sugli ecosistemi esistenti e rispetto ai parametri della Direttiva Acque.
7.  Valutazione degli impatti sui territori di Gronda Lagunare a sud dello scarico dell’Idrovia.
8. Passare alla fase esecutiva del progetto del Genio Civile del Veneto relativamente alla riqualificazione della Conca Gusso a Mira, con adeguamento delle condutture di collegamento con il taglio Novissimo al fine di migliorare la funzionalità del sistema Novissimo e del Naviglio Brenta (i sindaci della Riviera dovrebbero spingere su questo), intervento che con i soldi spesi sinora per la progettazione dell'idrovia, si sarebbe potuto già realizzare senza particolari controindicazioni per la Laguna, ma con significativo beneficio per la zona di gronda (tra l'altro migliorando le capacità di scarico del Naviglio, si avrebbero benefici più a monte anche nel Brenta).
9. Valutare di collegare il tratto a valle dell'Idrovia alla rete idrografica minore a sud del Naviglio, al fine di ripristinare la continuità idrologica, migliorando la funzionalità della rete idrografica minore nella parte sud dei comuni della Riviera del Brenta.
10. Valutare la realizzazione di un bacino di laminazione e accumulo in prossimità del tratto iniziale dell'Idrovia, con funzione di sfogo negli eventi di piena  a supporto del sistema Brenta Bacchiglione. 



Bibliografia

·         Indagine sull’inquinamento delle acque sotterranee della Pianura Veneta, Pietro Zangheri, 1994.
·         Processi di inquinamento chimico-industriale delle acque sotterranee nella media e alta Pianura
Veneta, Altissimo et alii, Memorie di Scienze Geologiche, 1995.·         Indagine Idrogeologica del Territorio Provinciale di Venezia, Provincia di Venezia, 2000.
·         Studio Geoambientale del Territorio Provinciale di Venezia – Parte centrale, Prov. di Venezia, 2002.
·         Geomorfologia della Provincia di Venezia, Provincia di Venezia, 2003.
·         Idrodinamica e Morfologia della Laguna di Venezia, Programma di Ricerca 2000-03, Corila, 2003.
·         Verbale Riunione Commissione Salvaguardia Venezia del 7 agosto 2006, Comune di Venezia, 2006.
·         Linee guida per gli interventi di prevenzione dagli allagamenti e mitigazione degli effetti, Commissario Delegato per l’emergenza concernente gli eccezionali eventi metereologici dal 26 settembre 2007 che hanno colpito parte del territorio della Regione Veneto, 2009.
·         DCR n. 107 del 5 novembre 2009, Regione Veneto, 2009.
·         Rischio Idraulico e Riqualificazione Fluviale, Cons.di Bonifica Dese-Sile, Civiltà dell’Acqua, 201
·         Subunità idrografica bacino scolante, laguna di Venezia e mare antistante - Piano di Gestione Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, Autorità di Bacino dei fiumi Adige, 2010.
·    Piano delle Azioni e degli Interventi di mitigazione del rischio idraulico e geologico – Relazione di Sintesi, Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza derivante dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della Regione Veneto nei giorni dal 31/10 al 3/11/2010, 2011.
·         Atlante Geologico della Provincia di Venezia, Provincia di Venezia, 2011.
·        Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dei bacini idrografici di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione – Relazione Generale, Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, 2012
·    Studio di Fattibilità degli Interventi per il completamento dell’Idrovia Padova – Venezia – Relazione Generale, Regione Veneto AA.VV., 2012.
·   Piano Paesaggistico Regionale d’ambito “Arco Costiero Adriatico dal Po al Piave” – Documento Preliminare, Regione Veneto 2012
·    Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni 2015-2021 Direttiva Alluvioni 2007/60/CE – Valutazione Globale Provvisoria dei problemi di Gestione delle Acque e Obbiettivi di Piano, Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione, 2013
·         Litorali e Lagune del Nord Est, Ferla, Crosato, Ragazzo, ISPRA, 2013.
·         Piano di Gestione 2015-2021 Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE – Documento Preliminare, Distretto Idrografico Alpi Orientali, 2014.
·         Osservazioni sullo studio idromorfologico allegato allo Studio d'Impatto Ambientale dell'adeguamento via acquea di accesso alla Stazione Marittima di Venezia che prevede lo scavo del canale Contorta Sant'Angelo. Valutazione del Quadro di Riferimento Ambientale del SIA e commento degli aspetti idraulici, morfologici e quelli ecologici connessi alle variazioni idromorfologiche, CORILA, 2014.
·        Contorta: note sulla valutazione di impatto ambientale (Via), Eddyburg, Domenico Patassini, 2014.
·    Classificazione dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici della Laguna di Venezia, primo ciclo dimonitoraggio 2010-12, Regione Veneto, 2014.
·      Il Progetto di Completamento dell’Idrovia Padova – Venezia – 1°a nota tecnica, Comitato Acque del Mirese, 2014.
·       Il Consumo di suolo in Italia, Edizione 2017, ISPRA, 2018.

Il Paleocene è bello, ma non ci vivrei

Per tutti i fan dell'uso smodato del termine "Antropocene", mi sia permesso dire, che al netto delle angosce, alla fine, clima...