giovedì 5 agosto 2021

Levarsi la terra da sotto i piedi. Letteralmente. Dati consumo di suolo in Veneto 2021



    E' di recente presentazione il report annuale ISPRA sull'andamento del consumo di suolo in Italia, edizione 2021. Nonostante, ormai, gli effetti negativi della perdita di suolo e della trasformazione fondiaria siano arcinoti, specie in termini di incremento del dissesto geo-idrologico, con acuimento del rischio idraulico, anche per il combinato disposto col cambiamento climatico, il consumo di suolo non si ferma, al massimo rallenta un po'; rallentamento che non è ancora chiaro, lo capiremo solo nel corso del prossimo biennio, se sia dovuto agli effetti della pandemia sull'economia o a una volontà collettiva e istituzionale.

       Nel 2020, in Italia si sono persi  altri 57 km2 di superficie non trasformata, portanto a 21mila Km2 complessivi la copertura artificiale del suolo. Anche quest'anno i due soggetti "primatisti" a livello regionale sono Lombardia (+765ha) e Veneto (+682ha). Dopo Roma e Brescia, è Vicenza (+ 172ha), la provincia  con maggiore perdita di suolo. E tra le prime 15 provincie ci sono altre 3 veneto (Vr, Tv, Pd). Padova e Treviso sono poco sotto al dato del 20% di suolo consumato su superficie complessiva (precisamente 19 e 17%), sono, però, quelle che registrano il maggior incremento rispetto all'anno precendente (+0,94% e + 0,44%). Di converso troviamo, tra le venete, solo Belluno sotto il 3% ( questo anche per la sua pecualiare geografia). A livello comunale su scala nazionale, tra i primi 10 comuni per superfiche consumata troviamo Vicenza per il Veneto.

    Facendo un focus regionale, si veda la figura, nel 2020 i comuni con maggior artificializzazione di suolo sono Padova (dove il dato è ormai al 50%), Spinea (area Venezia, col 43% ) e Noventa Padovana col 42%. Questo in termini percentuali. In termini di numeri assoluti abbiamo Vicenza (37Ha), Roncade (29 Ha) e Sona (26Ha).

    Il consumo di suolo comporta una perdita di capacità di immagazzinamento d'acqua nel sottosuolo. questo significa depauperamento delle riserve idriche e maggior vulnerabilità a eventi metererologici intensi.

    Si stima che nel periodo 2012-2020 si siano persi 8,8 milioni di m3 di acqua potenzialmente disponibile; il Veneto, con una perdita del 15,86% di tale totale è il secondo, dopo la solita Lombardia, in questa triste classifica. A parte Belluno e Rovigo, nel periodo interessato, tutte le province venete hanno registrato perdite tra il 15 e il 20% delle risorse idriche immagazzinabili. Con forti ricadute, per esempio sull'agricoltura. In termini economici, gli effetti di tale fenomeno, sono stati calcolati in 345,3 milioni di euro.

    Un ultimo focus, d'interesse sopratutto per l'ambito costiero, è l'effetto del consumo di suolo sui fenomeni di erosione costiera. L'aspetto è di particolare interesse, stante l'alto valore economico insediato nella fascia costiera alto adriatica (per turismo, agricoltura, industria e portualità), che per l'elevato numero di popolazione residente. Andando ad analizzare  la distribuzione  delle principali urbanizzazioni nelle unità fisiografiche costiere principali (aree omogenee in cui è stata suddivisa tutta la costa adriatica), si osserva come le maggiori trasformazioni in alto adriatico si concentrino a ridosso di Trieste e Venezia. Il dato veneziano deve destare particolare allarme, essendo riguarde un territorio già pesantemente artificializzato e in un contesto molto vulnerabile come quello della laguna centrale e contermine. Anche perché, se qualcuno pensa che il MoSe sia la risoluzione finale, non si cura dei dati a lungo termine oltre che delle osservazioni contingenti

    Questi dati dovrebbero servire a rivedere pesantemente le pianificazioni territoriali, ma per davvero, non solo a livello di dichiarazioni velleitarie.

 

 


 


 


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